Colonizzare in modo persistente l’ambiente particolarmente acido dello stomaco dell’uomo senza essere neutralizzati dal sistema immunitario non è impresa facile. Ci riesce solo Helicobacter pylori, un batterio considerato tra i principali fattori di rischio per ulcera e cancro gastrico. Una nuova ricerca, condotta nel Dipartimento di Bioscienze dell’Università di Parma, ha permesso di chiarire un nuovo meccanismo regolativo essenziale per l’infezione della mucosa gastrica da parte di Helicobacter pylori: in pratica, il batterio “percepisce” la concentrazione di alcuni ioni metallici e, attraverso la compattazione di una piccola regione del suo DNA, regola l’espressione genica di enzimi necessari per la sopravvivenza in ambiente acido. I risultati di questo lavoro, che annovera tra gli autori due giovani biologi molecolari dell’Università di Parma, Nicola Doniselli e Stefano Maggi, sono stati pubblicati sulla rivista “Nature Communications”.Ciò che rende Helicobacter pylori così efficace nel colonizzare lo stomaco dell'uomo a lungo termine è la capacità di modulare finemente la propria espressione genica. I principali fattori di virulenza devono essere prodotti a sufficienza per garantire la proliferazione batterica senza però stimolare la risposta immunitaria dell'ospite. Inoltre, per infettare l’ambiente molto acido dello stomaco, il batterio ha imparato a utilizzare a proprio vantaggio ioni metallici quali ferro e nichel, in un processo noto come omeostasi dei metalli. Tutto questo avviene attraverso un circuito di regolazione genica che integra diversi stimoli provenienti dall’ambiente in una risposta fisiologica coerente. “Utilizzando un particolare tipo di microscopio, detto a “forza atomica” per la sua capacità di percepire piccole forze di repulsione tra gli atomi, ci siamo accorti che, quando prevalgono stimoli non favorevoli alla crescita, in alcune zone del DNA del batterio si formavano veri e propri “nodi” nucleoproteici che determinavano lo spegnimento della produzione di alcuni fattori di virulenza”, spiega Claudio Rivetti, docente del Dipartimento di Bioscienze dell’Università di Parma, che insieme ad Alberto Danielli dell’Università di Bologna ha coordinato la ricerca. “Al contrario stimoli favorevoli alla crescita – prosegue - determinano lo scioglimento dei nodi sul DNA, attivando di conseguenza la produzione dei fattori di virulenza e la crescita batterica”.In questo meccanismo un ruolo centrale è svolto da due proteine, Fur e NikR, che legano rispettivamente ioni ferro e ioni nichel. Quando la concentrazione di ferro aumenta, Fur si aggrega sul DNA e lo compatta in modo tale da spegnere l’espressione della proteina ArsR, necessaria per l’adattamento alle condizioni acide. Quando invece è presente anche il nichel, NikR impedisce il compattamento del DNA operato da Fur, favorendo quindi la produzione di ArsR. “In pratica, la proliferazione cellulare viene controllata da un meccanismo di condensazione reversibile del DNA, mediato dai due regolatori trascrizionali che captano segnali chimici, ferro e nichel, per accendere o spegnere il gene ArsR”, continua il prof. Rivetti.Helicobacter pyloriè molto diffuso tra la popolazione mondiale e italiana, ed è il principale fattore di rischio per l'insorgenza di lesioni maligne allo stomaco. Questo patogeno può infettare l'ospite vita natural durante, causando infiammazioni e lesioni ulcerose dell'epitelio gastrico, che predispongono all'insorgenza di tumori allo stomaco. Nel mondo il tumore gastrico è quarto per incidenza di casi e secondo per numeri di decessi; pertanto la sua prevenzione, che passa anche attraverso l’eradicazione del batterio, è un obiettivo farmacologico importante. Poiché Fur, il principale effettore di questo meccanismo regolativo, è una proteina evolutivamente conservata, questa ricerca pone anche le basi per uno studio più ampio volto a decifrare i meccanismi di virulenza di altri batteri patogeni.Nel corso degli anni il gruppo dell’Università di Parma che ha lavorato a questa ricerca si è specializzato nello studio dei batteri e dell’interazione tra DNA e proteine regolatrici mediante l’uso del microscopio a forza atomica. Questo microscopio utilizza una sottilissima punta posta all’estremità di una leva flessibile per “accarezzare” la superficie del campione in modo da rivelarne la topografia molecolare. In pochi minuti è possibile ottenere immagini ad alta risoluzione di complessi nucleoproteici che generalmente hanno dimensioni di pochi nanometri (miliardesimi di metro), quindi troppo piccoli per poter essere visualizzati con i normali microscopi ottici. La successiva elaborazione delle immagini, mediante particolari software sviluppati sempre all’Università di Parma, consente di valutare il cambiamento di diversi parametri strutturali delle molecole nucleoproteiche in funzione delle diverse condizioni saggiate.Contatto: Prof. Claudio Rivetti – Dipartimento di Bioscienze, Università di ParmaTel. 0521 90565Email: claudio.rivetti@unipr.itLink all’articolo: http://www.nature.com/articles/ncomms12593