Parma, 19 settembre 2023 – Lotta contro le leucemie: pubblicato sulla rivista Leukemia, periodico del gruppo Nature, uno studio guidato dall’Università di Parma. Di fatto l’articolo propone nuove terapie per sconfiggere la resistenza ai farmaci antitumorali che si sviluppa in una percentuale significativa di pazienti leucemici.MEK1/2 regulate normal BCR and ABL1 tumor-suppressor functions to dictate ATO response in TKI-resistant Ph+ leukemia, questo il titolo della ricerca firmata dal docente del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale Paolo Lunghi e condotta in collaborazione con un gruppo di ricercatori e ricercatrici delle Università di Parma, Bologna, Milano-Bicocca e Verona, e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna.Lo studio ha messo in luce un nuovo meccanismo molecolare di farmacoresistenza il cui fulcro è rappresentato dalle proteine-chinasi citoplasmatiche MEK1/2: queste si sono rivelate capaci di potenziare le attività oncogeniche della proteina tumorale mutata BCR::ABL1 presente nelle cellule leucemiche di pazienti resistenti o intolleranti alle terapie a bersaglio molecolare a base di inibitori tirosin-chinasici, attualmente in uso clinico per il trattamento di questa patologia.L’oncoproteina BCR::ABL1, potenziata da MEK1/2, a sua volta incrementa l’attività delle proteine MEK1/2 stesse, innescando così un vero e proprio circolo vizioso aberrante che si autoalimenta e che culmina in una iperattivazione delle proteine MEK1/2 che divengono così capaci di reprimere le azioni e le funzioni oncosoppressive delle proteine BCR, ABL1 e p73, indotte dai farmaci antitumorali.Il trattamento combinato di due farmaci, gli inibitori di MEK1/2 e il Triossido di Arsenico, entrambi già in uso clinico per altre patologie neoplastiche, spezza il circolo vizioso generato dalle proteine MEK1/2 provocando, di conseguenza, la riduzione delle attività oncogeniche della proteina tumorale BCR::ABL1 e la concomitante riattivazione delle funzioni oncosoppressive delle proteine BCR, ABL1 e p73. Questi eventi biomolecolari causano:in vitro, la morte per apoptosi (morte cellulare programmata) delle cellule leucemiche provenienti da pazienti refrattari o ricaduti dopo terapie di prima e seconda linea con farmaci a base di inibitori tirosin-chinasici;in vivo, la riduzione della velocità di progressione della malattia e il prolungamento della sopravvivenza in modelli animali clinicamente rilevanti di leucemia farmacoresistente agli inibitori tirosin-chinasici.I risultati presentati non solo identificano dei nuovi bersagli molecolari responsabili della farmacoresistenza, ma propongono anche una nuova combinazione terapeutica basata sul riposizionamento di due farmaci già approvati per altre patologie tumorali “repurposing“, approccio che permette di accorciare notevolmente i tempi della sperimentazione clinica a vantaggio di un più rapido e sostenibile accesso a nuove cure.Allo studio hanno contribuito, per l’Università di Parma: Manuela Abeltino (seconda co-autrice dello studio) e Antonio Bonati del Dipartimento di Medicina e Chirurgia; Anna Maria Cantoni, Stefano Jottini, Federico Armando e Attilio Corradi del Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie; Roberto Perris del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale e del Centro Interdipartimentale di Ricerca di Oncologia Molecolare e Traslazionale. Hanno inoltre lavorato alla realizzazione della ricerca Laura Mazzera (prima co-autrice dello studio), Guerino Lombardi e Micaela Ricca dell'Istituto Zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna; Anna Ferrari dell’IRCCS Istituto romagnolo per lo studio dei tumori “Dino Amadori"; Giovanni Martinelli dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna – Policlinico di Sant’Orsola; Elena Rossetti dell’AUSL Piacenza; Alessia Ripamonti e Carlo Gambacorti-Passerini dell’Università di Milano-Bicocca; Maria Teresa Scupoli, Carlo Visco e Massimiliano Bonifacio dell’Università di Verona; Angelo Peli dell’Università di Bologna. La ricerca è stata finanziata da Fondazione AIRC per la Ricerca sul cancro, Ministero della Salute e Regione Emilia-Romagna.