Alma universitas studiorum parmensis A.D. 962 - Università di Parma Alma universitas studiorum parmensis A.D. 962 - Università di Parma

Parma, 21 ottobre 2025 – Sebbene molti ecosistemi siano in grado di resistere a diversi anni di siccità moderata, anni consecutivi di estrema aridità mettono alla prova la loro resilienza causando un drastico calo nella crescita delle piante. Dopo quattro anni consecutivi di siccità estrema la riduzione nella produttività delle piante (ossia la creazione di nuova materia organica attraverso la fotosintesi) è 2.5 volte maggiore della riduzione della produttività causata da eventi siccitosi di intensità moderata. È quanto emerge dall’articolo Drought intensity and duration interact to magnify losses in primary productivity, appena pubblicato su “Science”. 

I risultati sono frutto di un esperimento globale coordinato da Melinda D. Smith e Timothy Ohlert della Colorado State University, condotto in sei continenti da ben 176 ricercatori e ricercatrici di tutto il mondo. Tra gli autori Alessandro Petraglia, Michele Carbognani e T’ai G. W. Forte dell’Università di Parma, unico ateneo italiano coinvolto.

Una rete di collaborazione ampia, dunque, che ha consentito di fare chiarezza sui possibili impatti di una delle minacce più insidiose legate ai cambiamenti climatici: la siccità. Inoltre, focalizzandosi sulle risposte di praterie e arbusteti, i risultati della ricerca forniscono importanti indicazioni sulle dinamiche future di alcuni degli ecosistemi più diffusi del pianeta (praterie e arbusteti coprono insieme circa la metà della superficie delle terre emerse) e più significativi in termini di stock di carbonio: oltre il 30% del carbonio organico negli ecosistemi terrestri è infatti stoccato in ecosistemi dominati da piante erbacee e arbusti.

Negli ultimi anni sono molti gli studi che hanno cercato di capire se, come e quanto gli ecosistemi terrestri siano sensibili a periodi di scarsa disponibilità idrica. Tuttavia la siccità rappresenta un evento climatico complesso, caratterizzato da molteplici sfumature (intensità, tempistica, frequenza e durata) che possono modulare gli impatti sugli ecosistemi. A oggi la maggior parte degli eventi siccitosi è caratterizzata da breve durata e moderata intensità; ma dati e modelli previsionali suggeriscono che gli eventi estremi stiano diventando sempre più frequenti, prolungati e probabilmente più gravi che in passato

Diventa dunque necessario comprendere come potrebbe variare la risposta degli ecosistemi al variare dell’intensità e della durata di un evento siccitoso. «A causa della rarità storica delle siccità estreme, in passato i ricercatori hanno avuto difficoltà a stimare le conseguenze effettive di queste condizioni sia nel breve che nel lungo termine», afferma Melinda Smith. «I dati disponibili erano pochi e non erano coordinati a livello globale. Ancora meno si sapeva sugli effetti degli eventi estremi ripetuti nel tempo. Questo studio, nel quale, per la prima volta, ricercatori e ricercatrici hanno simulato sperimentalmente una serie di eventi siccitosi estremi in ben 74 siti in tutto il mondo, colma questa lacuna», prosegue Alessandro Petraglia, docente di Botanica, Biodiversità vegetale e Cambiamenti Climatici Globali al Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università di Parma. 

Ma come studiare gli effetti della siccità negli ambienti naturali? I ricercatori e le ricercatrici che tuttora collaborano all’International Drought Experiment, rete di ricerca internazionale nell’alveo della quale è stato concepito e sviluppato questo studio, confrontano da molti anni la crescita delle piante nel loro ambiente naturale con quella di piante presenti in aree limitrofe ricoperte da speciali tettoie sperimentali. Sono proprio le tettoie a simulare la siccità, riducendo le precipitazioni di una percentuale estrema dal punto di vista statistico e specifica per ogni sito. Le variazioni delle precipitazioni, del suolo e della vegetazione nei diversi siti distribuiti sui sei continenti hanno fatto sì che i vari siti sperimentassero combinazioni distinte di anni di siccità moderata ed estrema, fornendo condizioni sperimentali uniche che hanno contribuito a rendere ancora più importanti i risultati dello studio.

Il sito sperimentale gestito dai ricercatori e dalle ricercatrici del laboratorio di Geobotanica ed Ecologia Vegetale dell’Università di Parma si trova al Passo Gavia, nel Parco Nazionale dello Stelvio, nelle Alpi Retiche. «In queste praterie alpine d’alta quota gli effetti della siccità sulla produzione primaria sono inferiori rispetto ad altri siti in aree con climi meno umidi e freddi, ma la presenza di siti freddi e con elevate precipitazioni è molto rilevante per comprendere bene l’effetto degli eventi estremi: tanto più i siti coprono condizioni climatiche diverse tanto più i risultati che derivano da questi esperimenti possono essere considerati generali e validi a livello globale», dichiara Michele Carbognani, docente di Botanica ambientale e applicata al Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università di Parma.

«Data l'ubiquità dei cambiamenti globali, gli esperimenti pluriennali e multi-sito sono estremamente importanti per individuare le conseguenze realistiche sugli ecosistemi che potrebbero essere sottovalutate sulla base di studi a breve termine e effettuati in un unico luogo. L’esistenza di questo gruppo di ricercatori e ricercatrici che hanno effettuato un esperimento coordinato e distribuito su così larga scala è una inestimabile risorsa tramite la quale si potrà quantificare e studiare ulteriormente come potrebbero manifestarsi gli effetti dell'intensificarsi della siccità», conclude Alessandro Petraglia

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