Alma universitas studiorum parmensis A.D. 962 - Università di Parma Alma universitas studiorum parmensis A.D. 962 - Università di Parma

Donato Grasso insegna ecoetologia e sociobiologia all’Università di Parma. È un esperto di formiche, in particolare del loro comportamento ed evoluzione. È autore di Il formicaio intelligente (Zanichelli, 2018), un libro sulla loro vita, su quanto la biologia di questi insetti può dirci dell’evoluzione e su come possiamo applicarne le conoscenze nella vita di tutti i giorni. L’abbiamo intervistato in occasione della riedizione di alcuni libri fondamentali su questi insetti: Formiche. Storia di un'esplorazione scientifica di Bert Hölldobler e Edward O. Wilson (Adelphi, 1997) e Le formiche tagliafoglie, degli stessi autori. 

Secondo lei, quali sono i segreti di questi insetti sociali, soggetti del libro Formiche. Storia di un’esplorazione scientifica? A quanto dice la zoologia, le formiche sono solo vespe glorificate... 

Ci sono molte risposte. Una che mi sono dato è che le formiche sono nel nostro paesaggio mentale. In tutto il mondo sono parte delle quotidianità. Magari si conoscono pochi animali, ma tra questi ci sono quasi sempre le formiche. Inoltre, non hanno quello che gli inglesi definiscono yuck factor, non inducono ripugnanza o disturbo al pari di altri animali, come i ragni. Il formicaio, e forse questa è un’altra ragione della loro notorietà, è una specie di società microscopica, un mondo ideale di curiosi robottini in cui proiettare i nostri desideri di una società ordinata e organizzata, senza conflitti. Sono così note e familiari perché hanno avuto un grande successo evolutivo e per questo sono diffuse praticamente su tutta la Terra. Attualmente le specie descritte sono oltre 13200, più del doppio dei mammiferi. E infine, uno dei segreti del loro successo evolutivo è dovuto alla loro natura di animali sociali. 

Una socialità portata all’estremo, con nidi di milioni di individui? 

Sì, ma ci sono due dimensioni che rendono il “sistema formica” estremamente affascinante ed efficiente: il singolo e la società. Il primo, la formica, è un artropode estremamente specializzato, con molte “dotazioni” e invenzioni evolutive particolari. Già di per sé, in una formica ci sono una serie di tratti estremamente raffinati, dalle armi alle ghiandole speciali all’estrema sensibilità ai segnali ambientali. A questo si aggiunge che migliaia o milioni di individui si uniscono in un “superorganismo” (per richiamare un altro titolo di Adelphi a firma Hölldobler e Wilson, sempre sugli insetti sociali, del 2011). La specie è definita eusociale, perché c’è un’estrema divisione del lavoro: ci sono i riproduttori e chi “lavora”. E anche all’interno di questa classe ci sono ulteriori divisioni dei compiti. In più, c’è la sovrapposizione di generazioni e la cura cooperativa della prole. Tutto ciò garantisce al sistema colonia un’efficienza che animali simili, che occupano gli stessi ambienti, non hanno. 

La divisione del lavoro in un formicaio è simile a quello che accade nelle cellule dei nostri corpi? 

Sì. Il superorganismo è un organismo diviso in più corpi a loro modo indipendenti. Ciò serve anche a introdurre il concetto di individualità e di organismo: se quest’ultimo è un flusso di processi, come diceva l’entomologo statunitense William Morton Wheeler all’inizio del secolo scorso, non è detto che sia indivisibile, e quindi che sia “individuo”. In una società lo strettissimo contatto fisico non è necessario, e le formiche lo dimostrano. Per questo si pensa che il superorganismo sia un’entità che va al di là dell’individuo, e costituisce un sistema complesso. Come noi siamo una confederazione di cellule, il formicaio è una confederazione di formiche. L’entità coloniale, a differenza dei corpi singoli, è infine un po’ ameboide e i singoli individui possono allontanarsi e tornare al formicaio. 

E veniamo alla particolarità più curiosa, quella della parentela tra le formiche... 

Certo. Le formiche di una colonia sono strettamente imparentate tra di loro e questo rientra nel fenomeno della selezione di parentela (kin selection) nelle colonie degli insetti sociali. Che si spiega così. Un gene ha tanti modi per diffondersi: o lo fa perché un individuo lo “passa” ai figli, oppure lo fa aiutando i parenti che contengono questi stessi geni. Aiutare i parenti che sono portatori di questo stesso gene significa quindi aiutare sé stessi. A ciò aggiungiamo che la determinazione del sesso, nelle formiche e in altri insetti, ha un meccanismo complesso, chiamato aplodiploidia. Un processo importante, ma non cruciale nel successo evolutivo di queste specie. Su questo argomento la discussione tra studiosi è ancora piuttosto vivace. 

Arriviamo a un secondo libro, quello sulle formiche tagliafoglie. Quali sono le loro caratteristiche? 

Sono specie appartenenti al genere Atta: le loro colonie sono formate da milioni di individui. La cosa più affascinante è che le formiche stesse vivono solo di quanto ricavano dalla coltivazione di un fungo nei loro nidi. In queste specie la socialità è quindi ancora più estesa, perché a essa partecipano più specie: oltre alle formiche, ci sono il fungo e i batteri che vivono sopra e dentro le singole formiche. Una struttura particolarissima, un vero e proprio paradigma del superorganismo. 

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